«Bisogna cercare la verità non fabbricarla. Credo nella giustizia, ma gli inquirenti volevano farmi dire la loro verità. Non ho mai ceduto. Avrei dovuto accusarmi e accusare altre persone. Ho patito tre anni di carcere: alla fine, lo Stato rischia di dovermi risarcire». Fortunato Andali, 57 anni, padre di 4 figli, cittadino italiano e svizzero, ripete questo ritornello più volte, quando lo incontriamo nel ristorante italiano di Zurigo, dove lavora. Aspettiamo che l’uomo, per anni accusato dalla Procura federale di essere il cervello della ’Ndrangheta in Svizzera, finisca di apparecchiare i tavoli. Si siede. Ripercorriamo i 12 anni dell’inchiesta Quatur, che profilava il reato di crimine organizzato con riferimento al riciclaggio di denaro e traffici di armi e droga. Leggiamo i verbali...