Bellinzonese

Caso targhe, il poliziotto di Bellinzona ha chiuso col suo hobby

L’agente della Polcom era stato interrogato avendo fatto degli acquisti. Il Municipio: ‘Agire non opportuno ma niente inchiesta amministrativa’

(Ti-Press)
1 marzo 2023
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Dopo le due condanne penali per corruzione pronunciate lo scorso novembre, emerge anche una rinuncia a margine dello scandalo sullo smercio illegale di targhe nel quale sono finiti un ex funzionario della Sezione circolazione e un assicuratore. Una rinuncia piccola, poiché riferita a quello che il Municipio di Bellinzona indica come un semplice hobby. Un passatempo insomma, praticato da un sottufficiale della Polizia comunale che nell’ambito della compra-vendita di targhe con numeri particolari era entrato in contatto con uno degli indagati poi condannati rispettivamente a 14 e 10 mesi di detenzione con la condizionale.

Due pezzi per 7mila franchi

Orbene, il poliziotto durante l’inchiesta partita nell’estate 2021 era stato interrogato come persona informata sui fatti. Nulla di penalmente rilevante. Stando a nostre informazioni, in buona fede avrebbe acquistato un paio di targhe dall’assicuratore – per un ammontare complessivo di circa 7’000 di franchi, prezzo inferiore a quello che il Cantone avrebbe potuto incassare da una loro messa all’asta – con l’obiettivo poi di rivenderle a terze persone già in contatto con lui perché interessate a mettere le mani su numeri particolari. Quanto alla sua buona fede, non risulta che fosse al corrente dell’accordo corruttivo scoperto dagli inquirenti tra assicuratore e funzionario dell’Ufficio immatricolazioni.

‘Non era un intermediario’

Quando nell’autunno 2021 il Movimento per il socialismo aveva interpellato il Municipio chiedendo lumi sull’agente, l’esecutivo si era rifiutato di rispondere essendo in corso l’inchiesta penale. A condanna inflitta l’Mps è tornato alla carica e il Municipio risponde a monosillabi. Non è dunque vero che il poliziotto svolgesse attività d’intermediazione nello smercio di targhe; non è vero che utilizzasse programmi informatici riservati alle forze di polizia per ottenere dati sensibili utili al suo business che non era un business; non risulta che tale attività generasse un reddito, né che questo sia stato dichiarato nelle imposte. E no, l’attività non è mai stata autorizzata dal Municipio "perché non era da ritenersi attività accessoria". Pure alla richiesta di avviare un’inchiesta amministrativa il Municipio risponde negativamente, non intravedendone gli estremi: "È stato sentito in qualità di persona informata sui fatti e l’inchiesta penale non ha portato a modificare il suo ruolo di sottufficiale".

‘Non c’è incompatibilità, tuttavia...’

Tutto bene dunque, a maggior ragione perché qualche domanda il poliziotto se l’è posta dandosi da solo una risposta. Il Municipio evidenzia infatti che pur non essendoci incompatibilità del passatempo con la funzione di agente, "si potrebbe però concordare sulla non opportunità". E in tal senso il sottufficiale "ha informato di aver cessato tale hobby nel settembre 2021", ossia poco dopo lo scoppio dello scandalo.

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