Luganese

Droga, le 'rifanno' il processo per poterla mandare in comunità

La vicenda di una 41enne del luganese era finita alle Correzionali, ma la pena massima non consentiva le terapie. Condannata dalle Criminali a 32 mesi

Tiipress
29 novembre 2019
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Non capita spesso di venir processati due volte nel giro di un paio di mesi per gli stessi reati. Procedura abbastanza insolita quella usata nei confronti di una 41enne luganese che oggi è comparsa nuovamente in aula penale, per la sua partecipazione a un traffico di eroina. La droga era destinata ai consumatori ticinesi: 309 grammi che lei deteneva in casa – per conto di un’altra persona – ottenendo in cambio una parte di sostanza per il suo consumo personale.

Complicità in infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti, e ripetuta infrazione alla stessa sotto forma di compravendita di piccole quantità, oltre alla contravvenzione per il consumo della stessa sostanza. Doppio processo si diceva: già comparsa davanti alle Assise correzionali lo scorso 23 settembre, il giudice Mauro Ermani aveva deciso di 'rimandarla' davanti alle Assise criminali (da lui stesso presiedute stamattina) siccome soltanto potendo erogare una pena detentiva più lunga di quella ammessa alle Correzionali sarebbe stato possibile applicare la misura alternativa del trattamento in comunità. Cosa effettivamente accaduta stamattina: i 32 mesi inflitti sono infatti stati sospesi per permettere delle terapie presso il centro di recupero, una struttura del Luganese dove vive da metà 2018 e dove resterà per un altro annetto circa.

Questo aggravamento della condanna  'a fin di bene' ha visto d’accordo la stessa imputata che provò – sia pure per soli 53 giorni – l’esperienza del carcere al momento del suo arresto nel 2018 e non è interessata a ripeterla. Viceversa, le Assise correzionali non avrebbero potuto che infliggere una pena detentiva, dati i precedenti penali e il rischio elevatissimo di una recidiva, leggi ricaduta, secondo la perizia giunta alla Corte. Le parti non hanno avuto nulla da eccepire: si trattava della procuratrice pubblica Pamela Pedretti e dell’avvocato difensore Anna Grümann.

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