Luganese

Lugano Airport, Lombardi: 'Una partita a scacchi col tempo'

Il vicepresidente del Consiglio d'amministrazione della società che gestisce lo scalo sul credito ponte: 'Non desideriamo fare pressione, atto obbligato'

Filippo Lombardi, vicepresidente del Cda di Lugano Airport Sa (Foto Ti-Press)
31 marzo 2020
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Mezzo milione di franchi per arrivare al voto. Prevedendo la decisione – che appare scontata e che secondo nostre fonti il Consiglio di Stato prenderà domani – di rinviare il referendum cantonale, e poi verosimilmente a ruota quello comunale, sulla ricapitalizzazione della Lugano Airport (Lasa) Sa, il Consiglio d'amministrazione (Cda) della società che gestisce l'aeroporto di Agno si muove. E lo fa con una richiesta, che anch'essa dovrà passare dagli esecutivi di Cantone e Città che sono i due azionisti, ben precisa: domandare a Banca Stato un credito di 500'000 franchi. Ne abbiamo parlato con il vicepresidente del Cda, Filippo Lombardi.

Perché richiedete questo credito?

A marzo c'è stato un crollo dell'aviazione generale (l'unica rimasta all'aeroporto dopo l'interruzione dei voli di linea, ndr) dovuto al Coronavirus. Ci sarà anche ad aprile e verosimilmente maggio. Ci sono stati mancanti introiti e il prestito è quindi giustificato da questa situazione. Noi possiamo fare la nostra parte nel richiederlo ma, a dipendenza della nuova data che verrà stabilita per la votazione, da solo probabilmente non basterà. Sarà necessaria ulteriore liquidità: i due crediti approvati non sono erogabili e gli azionisti dovranno iniettarne altra per permettere a Lasa di sopravvivere fino al voto. Il nostro auspicio è che i cittadini abbiano la possibilità di votare dopo che ci sarà effettivamente stato un dibattito, ma anche evitare che i collaboratori di Lasa siano licenziati e lo scalo chiuso. 

Entro quando vi aspettate che questa richiesta venga approvata?

Il termine naturale è questa settimana, perché devono decidere se inviare o no il materiale di voto. In concomitanza con quella, dovranno credo prendere anche la decisione se dar seguito a questo piano.

Se il governo non dovesse accettare la richiesta di credito?

Vale il piano B già formulato precedentemente in caso di riuscita dei referendum: licenziamenti e chiusura dello scalo. Noi non desideriamo fare alcuna pressione su nessuno: riteniamo che sia nostro compito ricordare la situazione, che di per sé non è una novità. Si è sempre saputo che la liquidità sarebbe bastata fino a fine aprile, poi sarebbe stata necessaria la ricapitalizzazione (al momento ferma in attesa del voto, ndr). Proprio per questo i referendum sono stati fissati entro aprile. 

Per questo quindi oltre al credito vi aspettate ulteriore liquidità?

Esatto. La decisione politica del rinvio della votazione la comprendiamo perfettamente, ma ha come conseguenza che votare potrebbe diventare inutile se l'aeroporto dovesse chiudere prima. Confederazione, Cantoni, Comuni, stanno tutti predisponendo misure ad hoc per combattere le ricadute economiche del virus: speriamo che in quei pacchetti vogliano e possano mettere qualcosa anche per l'aeroporto.

Nell'ipotesi che i referendum non passino, e alla luce di questi mesi di crisi dovuti al Coronavirus, saranno sufficienti i soldi votati da Gran Consiglio e Consiglio comunale di Lugano per la ricapitalizzazione o sarà necessario ulteriore denaro?

È presto per dirlo. Non sappiamo se e quando sarà rinviata la votazione. In secondo luogo, bisogna vedere quando e quanta attività potrà riprendere nelle prossime settimane. Gennaio e febbraio per l'aviazione generale sono stati due mesi fenomenali, con una crescita del 40% che darebbe delle buone prospettive alla gestione integrata pubblico-privato futura che non escluda la ripresa del collegamento su Ginevra, ma che non si basi principalmente sui voli di linea. Certo, se io fossi stato il Gran Consiglio e il Consiglio comunale di Lugano, avrei preso per buone le proposte iniziali di Consiglio di Stato e Municipio, che chiedevano di dare alcuni anni di mezzi all'aeroporto per poter consolidare la sua nuova strategia e non uno solo come successivamente limitato dai due legislativi. Questo impone a tutti una partita a scacchi con il tempo. Questo è chiaro.

Vi ha giocato contro il fatto di aver dovuto annunciare i licenziamenti cautelativi e quindi rinunciare alle indennità di lavoro ridotto? Le entrate sono diminuite a causa del Coronavirus, ma le uscite sono aumentate anche per questo...

Non era sicuro che le indennità sarebbero state prolungate. Oggi sono elargite per motivi eccezionali, ma in quel momento non era possibile saperlo. In secondo luogo, non c'era margine di manovra. In una situazione del genere un Cda deve prendere delle misure, altrimenti si troverebbe – oltre a dover depositare i bilanci – a dover rispondere di mensilità di stipendi che non possono più essere pagati. È stata fatta l'unica cosa che si sarebbe potuta fare. Sindacati e collaboratori hanno capito perfettamente: stiamo facendo una battaglia per salvare i loro posti di lavoro.

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