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Vintage, sostenibile, unisex e online: è lo shopping 2.0

Quali sono le ultime frontiere della moda? Ne abbiamo parlato con Agatha Bottinelli Montandon, 26enne di Ponte Capriasca, fra Instagram e mercatini

Agatha Bottinelli Montandon e la sua attività nel mondo della moda sostenibile
16 dicembre 2021
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Lo shopping sostenibile online si sta radicando anche in Ticino. Ce ne parla Agatha Bottinelli Montandon, 26enne di Ponte Capriasca appassionata di vintage, che ha creato una pagina di re-selling chiamata Les fripes c’est chic (su Instagram @lefripcestchic) il cui obiettivo è quello di riuscire a sensibilizzare e promuovere l’acquisto di capi vintage o di seconda mano: sostenibilità e qualità sono il binomio vincente.

Come è nata l’idea di creare questo progetto?

È nata in un periodo di transizione e di cambiamenti, non solo personali ma anche geografici: all’inizio del 2021, terminati i miei studi a Losanna sono tornata a vivere in Ticino, trovandomi così davanti all’esigenza (o emergenza!) di far stare tutti i miei vestiti in un solo armadio. Selezionando i capi che non utilizzavo più ho voluto dar loro una nuova vita.

C’è una storia dietro il nome?

Les fripes c’est chic prende il nome da un gioco di parole ispirato sia dalla canzone Le Frick dei Chic – di cui mi piaceva il richiamo all’atmosfera dance di fine anni 70 – sia dal termine francese “fripes”, che indica proprio i capi d’abbigliamento di seconda mano.

Da dove nasce la tua passione per il vintage?

Ho da sempre amato girovagare nei mercatini dell’usato – forse perché nessuno può sapere cosa troverà prima di entrarci – e ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dell’abbigliamento di seconda mano durante gli anni del liceo, esplorando diversi mercatini, negozi e fiere e alimentando quella che poi è diventata una vera e propria passione e anche un passatempo. Quello che mi è sempre piaciuto e che ho sempre ricercato nel vintage, è la possibilità di trovare un capo unico, che potrà essere solo “mio” e che potrà rendere un outfit completamente diverso da qualsiasi altro. Attualmente posso dire che il mio armadio è composto per un buon 70% da capi vintage o second hand e che non acquisto praticamente più fast fashion.

Cosa ti ha spinta a scegliere i social network come “luogo” di vendita?

Ho notato che in Svizzera francese esistevano già alcune pagine di vendita di questa tipologia di capi, mentre in Ticino non ce ne erano ancora molte. Ho pensato allora di mettermi in gioco e aprire un vero e proprio shop online: rispetto ad altre piattaforme di vendita sul web (come Depop, Vestiaire o Vinted) Instagram era un social di cui già conoscevo bene le modalità e il linguaggio; in più mi piaceva l’idea di avere un rapporto diretto con i clienti e di dare un’estetica precisa al feed.

Da dove, come e cosa acquisti?

Tutti i capi sono selezionati da me, in negozi e mercatini vintage locali o che scopro durante i miei viaggi. Questo mi consente di assicurarmi personalmente della qualità dei capi che presento sul mio profilo. Mi piace proporre dei capi che indosserei io stessa, le cui linee seguano le tendenze attuali e che possano allo stesso tempo sensibilizzare verso una maggiore consapevolezza nell’acquisto. Quello su cui vorrei fare riflettere – e spesso ricevo dei riscontri positivi in questo senso – è l’enorme differenza di qualità tra un capo vintage e uno di una catena fast fashion: comprare vintage non vuol dire soltanto essere sostenibili (se già questo non bastasse), ma poter indossare capi attuali e senza tempo. Mi piace l’idea che un capo non sia legato a un genere, ma che chiunque possa indossarlo, a patto che lo faccia sentire bene: la maggior parte dei capi che propongo infatti sono unisex.

In che modo è organizzata la tua attività?

Mi occupo della ricerca, della selezione, di scattare le foto, di organizzare la vendita dei capi e di seguire i rapporti con la clientela. Per dare un’idea più precisa possibile dei prodotti, pubblico numerose foto (e video) dei capi, creo degli outfit con alcuni dei miei vestiti e ne descrivo le caratteristiche e le misure, segnalando anche eventuali imperfezioni. Organizzo la pagina per colori, dando così al mio feed un aspetto armonico, alternando foto degli abiti con foto che richiamino alla stessa tonalità. Ogni settimana pubblico dai due ai quattro nuovi arrivi. Inoltre, condivido spesso storie, sondaggi o quiz con il fine di presentare e sensibilizzare all’acquisto e al mondo del vintage e, con mia grande soddisfazione, noto che a poco a poco questa consapevolezza si sta diffondendo.

Oltre ai capi vintage & second hand vendi altro?

A partire da questa estate, io e mia mamma abbiamo dato vita a una collezione che abbiamo chiamato leSacs. Si tratta di borsette realizzate interamente a mano da mia mamma con stoffe up-cycled. L’operazione di up-cycling si sposa benissimo con la filosofia di Les fripes c’est chic, perché consente di dare nuova vita a materiali già prodotti. Le borsette leSacs – di cui abbiamo appena realizzato una speciale collezione dedicata al Natale – sono tutte ottenute da stoffe trovate qua e là in mercatini, nelle soffitte di famiglia, oppure da abiti che non possono più essere indossati e a cui viene data una nuova veste.

Cosa ti soddisfa di più della tua attività?

La parte che amo di più è sicuramente quella della ricerca e della selezione dei capi da proporre: negli anni penso di essere riuscita a farmi l’occhio per i mercatini e rovistare riuscendo a trovare il capo “perfetto” in mezzo al mucchio mi regala sempre un’enorme soddisfazione. Mi piace molto anche tenere i contatti con le mie o i miei follower e allo stesso tempo ricevere i loro feedback: devo dire che ogni volta che ricevo una foto di un capo che hanno acquistato da me indossato, sento che ho davvero realizzato il mio obiettivo. Su Instagram inoltre ho trovato una comunità di re-sellers appassionata e altruista, sempre pronta a sostenersi e coinvolgersi a vicenda, senza concorrenza.

Hai in mente altri progetti per il futuro? Magari uno shop “in presenza”?

Devo dire che mi piace molto la direzione che ha preso il progetto: mese dopo mese, ho visto costituirsi un piccolo seguito di persone interessate al vintage che vivono in tutta la Svizzera. Ho spedito pacchi davvero dappertutto! Dal Ticino alla Svizzera francese, passando per la Svizzera tedesca. Ecco perché la dimensione più adatta per Les fripes c’est chic mi sembra proprio quella dei social media: posso raggiungere e rivolgermi a chiunque, indipendentemente dalla posizione e della distanza geografica.

Le recensioni sono...

Pienamente positive! Secondo Anna lo shopping online non è sempre facile ma Agatha è riuscita a soddisfare subito le sue esigenze. «Le descrizioni dei prodotti che pubblica sono molto esaustive» prosegue la cliente, «e i suoi consigli sono ottimi!». Anche Carlotta è entusiasta di Les fripes c’est chic: «L’idea della pagina è geniale, ora più che mai dovremmo smettere di acquistare fast fashion e comprare vestiti di qualità». Positivo il feedback anche riguardo ai costi: «I prezzi molto onesti e la modalità di pagamento via Twint rende tutto più semplice». E se gli acquisti direttamente in un negozio vintage possono portare via tempo, su Instagram bastano pochi clic e qualche valido consiglio.

Lo scorso fine settimana allo Studio Foce di Lugano si è svolto un mercatino di Natale all’insegna del vintage organizzato da Bazaar al Lago in cui c’era anche una bancarella di Les fripes c’est chic. «È stata un’occasione per incontrare personalmente i clienti e altri espositori che come me tengono al commercio sostenibile. Ho riscontrato tanto interesse, in particolar modo riguardo ai materiali che propongo ovvero fibre naturali, lana, cashmere, seta e cotone, materiali di qualità e duraturi alternativi al poliestere. È bello sapere che c’è chi condivide l’attenzione per i tessuti e la passione per il vintage». Grazie a questo bilancio positivo, Agatha si augura di poter riproporre il mercatino anche in primavera.

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