Intervista a Marcel Barelli

‘Racconto gli animali per parlare della nostra società’

Raccontiamo (senza pretese) il mestiere di Marcel Barelli. I cortometraggi del regista di cinema di animazione in retrospettiva ad Annecy in Francia

Nel 2013 al Locarno Film Festival con ‘Vigia’
(Keystone)
7 giugno 2022
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«Una volta mio papà mi ha detto: ‘Cavoli disegni dinosauri alla tua età e ti guadagni da vivere facendo ciò che facevi a tre anni’», ricorda divertito il regista e autore di film d’animazione Marcel Barelli. Lui lo sa bene di essere fortunato: è di quelli che nella vita può fare esattamente ciò che vuole per mestiere.

È nato e cresciuto a Lodrino, ma da una quindicina di anni Ginevra (la città) lo ha adottato: ci vive con sua moglie e i loro due figli. Nella città di Calvino «ci sono arrivato che non avevo ancora vent’anni per studiare belle arti» racconta, anche se ammette che finché risiedeva in Ticino temeva di non riuscire a sbarcare il lunario con una professione artistica. Per quel motivo – «e perché forse allora non avevo molta voglia di studiare» – si diploma come laboratorista in chimica, ma scopre subito che «di lavoro non ce n’era». Fa perciò fagotto con l’idea in testa che da quel momento avrebbe potuto fare ciò che più gli piaceva. Parte alla volta di Ginevra col beneplacito del papà – «rassicurato dal fatto che avevo un diploma» – per entrare alla Haute école d’art et de design (Head), ma ancora non sa che sarebbe inciampato nel genere d’animazione e «non immaginavo che avrei potuto unire la mia passione per il disegno con quella per il cinema». Fino ad allora il cinema di animazione è per lui un genere per bambini, ben presto però scopre che «permette di lavorare a progetti personali, artigianali... con grande libertà». Così si lancia e, portata a termine la formazione, inizia a lavorare per la casa di produzione Nadasdy Film: «Sono tredici anni che ci lavoro, praticamente son quasi parte del mobilio», ironizza con la tipica cadenza cantata della parlata francese.

Il mondo faunistico come specchio

I lavori di Barelli sono ironici, spassosi e incisivi, con una dose d’intelligente comicità. In poco meno di dieci minuti, è capace di estrarre il succo della questione abbordando e raccontando tematiche urgenti e contemporanee che interpellano il pubblico su etica, ecologia, ambiente («il grande tema del XXI secolo») e sulla politica che li interpella. I corti, coniugati i contenuti alla potenza del riso (non il cereale), invitano a discutere e riflettere. La passione per gli animali dà all’autore un ampio serraglio di protagonisti per i suoi lavori che, in occasione del Festival internazionale del cinema di animazione ad Annecy (13-18 giugno), verranno proposti in una retrospettiva.

La cifra stilistica delle sue opere sono appunto gli animali quali protagonisti, «forse perché è più semplice per me disegnarli e poi perché sono il riflesso del nostro modo di vivere, subendolo. Parlo attraverso di loro per parlare di noi, della nostra società». Il mondo animale è perciò lo specchio che ci vien messo dinnanzi agli occhi per guardarci e, nonostante i limiti temporali del medium, la preoccupazione di Barelli è sviluppare la narrazione in maniera concisa e concentrata, affinché il messaggio veicolato sia incisivo e parli a un pubblico il più ampio possibile.

‘Cortografia’

Dopo la pubblicazione dei corti di diploma alla Head nel 2010, il regista realizza il primo film nel 2011 che ha come protagonista il gipeto barbuto in ‘Gypaetus Helveticus’, che narra la storia burrascosa del rapporto fra la popolazione svizzera e il rapace alpino, soprannominato a torto "avvoltoio degli agnelli" e per questo perseguitato con accanimento, fino alla reintroduzione iniziata nel 1986. Il 2013 è l’anno di ‘Vigia’ che racconta – con la bella voce narrante in dialetto del nonno – dell’essenzialità delle api e della loro sparizione (corto che gli vale il Pardino d’argento al Locarno Film Festival nel 2013); sarà quindi la volta di ‘Lucens’ (2015) la prima centrale nucleare in Svizzera. L’anno successivo il regista pubblica ‘Habitat’ e l’anno dopo ancora ‘Ralph and the Dinosaurs’, una serie di 26 episodi sui dinosauri. Arriva quindi il 2018 con ‘Uno strano processo’ che affronta il tema della caccia partendo dall’esperienza personale, essendo componente (diventato vegetariano) di una famiglia di cacciatori. Facendo un salto di tre anni, nel 2021 Marcel propone il divertente e incisivo corto ‘Dans la nature’, che tratta il tema dell’omosessualità nel mondo animale, insignito del riconoscimento quale miglior film d’animazione al Premio del cinema svizzero 2022. Di quest’anno è ‘Autosaurus Rex’, una critica alla diffusione smodata delle automobili presentandole come animali invasivi e distruttivi.

Bestiario elvetico

Marcel nel 2020 ha dato alle stampe ‘Béstiaire helvétique’ («ci ho lavorato nel mio tempo libero»). È un volume di 432 pagine – per ora nelle versioni francese e tedesca, quella italiana arriva a fine estate – in cui l’autore ha voluto fare una panoramica delle 414 specie di animali vertebrati che abitano la Svizzera. «L’idea non era fare un volume enciclopedico, ma presentare con disegni accompagnati da un breve testo tutte le specie che abitano una piccola superficie di territorio, la Svizzera. Un libro per renderci conto della grande biodiversità in rapporto alle dimensioni del Paese, ma anche per denunciare la minaccia sotto cui vivono questi animali. È il colmo se ci si pensa». Attraverso centinaia di tavole illustrate, Marcel ha anche voluto omaggiare gli animali mettendo l’accento sul legame che intercorre con la popolazione: «Molte specie figurano in leggende, le si ritrova in modi di dire…».

Nel futuro c’è ‘W.I.P’

Dopo gli otto cortometraggi pubblicati negli ultimi dieci anni circa, il regista – supportato dalla collaborazione di una squadra di lavoro – sta sviluppando il suo primo lungometraggio animato. «Siamo entrati in produzione a inizio anno e la sua uscita è prevista per il 2024». Il film è basato sulla vera storia della prima paleontologa della storia, la britannica Mary Anning. Una ragazzina di umile estrazione sociale che, appena dodicenne, trascorreva le giornate scavando con le mani la terra in cerca di fossili. Il pensiero comune del tempo, fortemente influenzato dalla religione, credeva che i fossili altro non fossero che unghie del diavolo, serpenti pietrificati… «Noi ci ispiriamo alla sua storia e ne raccontiamo la gioventù».

Per saperne di più: www.marcelbarelli.com.

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