La scrittrice, sabato a Grono per presentare ‘Segreti e ipocrisie’, giura che l’amicizia tra donne non è una fake news
Salvo i due usciti per Mondadori e quello per Rizzoli, Bice Cairati ha scritto i suoi romanzi per Sperling & Kupfer, cui si deve uno pseudonimo – Sveva Casati Modignani – sotto il quale per le prime tre opere si è celata una collaborazione moglie-marito (Nullo Cantaroni, deceduto nel 2004). Donna giornalista negli anni Sessanta, donna di sinistra in giornali di destra, solo più tardi scrittrice per quella cosa che ogni reporter ha un romanzo nel cassetto che non uscirà mai, ma qualche volta sì, di lei tornano ad ogni giro (uno) la casa ereditata dalla nonna nella quale sono nate tutte le sue storie, (due) l’inseparabile Olivetti Valentine (o ‘la Valentina’), rossa icona del design industriale sulla quale sono stati scritti e (tre) la definizione di ‘romanzo rosa’ attribuito a tutto quanto prodotto, visto il puntuale lieto fine. Una classificazione un tantino ingenerosa, in verità, per quanta attualità è racchiusa da ‘Anna dagli occhi verdi’, esordio del 1981, al penultimo ‘Suite 405’, nato solo dopo essersi accodata alle riunioni sindacali della Fiom milanese e con il sindacalista del libro ispirato a Maurizio Landini, segretario generale della Cigl.
«Non ho frequentazioni con la Svizzera, non ho amici, non ho parenti. Mi capita di venirci essenzialmente per i libri» ci dice dalla sua casa di Milano. E in Svizzera – più precisamente a Grono, nella Sala multiuso – la scrittrice giungerà sabato 19 ottobre alle 17.30 per presentare la sua ultima fatica letteraria intitolata ‘Segreti e ipocrisie’, seguito di ‘Festa di famiglia’, storia d’indissolubile amicizia femminile pubblicata nel 2017. A Grono dialogherà con il pubblico moderata da Elizabeth Cappa, responsabile eventi e comunicazione di Fastbook, in un evento sostenuto da Coop cultura, organizzato dalla biblioteca comunale, dalla libreria Russomanno e dal locale Comune (l’entrata è libera, tutte le informazioni su www.bibliotecagrono.ch).
Sì, devo dire che quando scrivevo ‘Festa di famiglia’ non avrei mai pensato che avrebbe avuto un seguito. È venuto assolutamente per caso, perché alla fine di quel breve romanzo mi sono accorta che avevo raccontato sì la storia di queste quattro amiche, ma mi ero molto dilungata sulla vita di una di esse, Andreina. Però le amiche sono quattro e ne restavano fuori tre. Quindi ho scritto quest’altro libro per raccontare in contemporanea degli sviluppi delle storie di tutte e in particolare la vita di Maria Sole. E quando sono arrivata alla fine della sua storia mi sono accorta che erano rimaste tante cose in sospeso che attendono una risposta, e dunque, se sarà possibile, ci saranno un terzo e un quarto volume di questa saga dedicata alla sorellanza tra donne.
Esiste davvero quando c’è ed è molto importante perché storicamente il sistema maschilista ha sempre favorito l’atteggiamento di mettere le donne le une contro le altre. Avendo capito, loro prima ancora di noi, che quando le donne vogliono riescono a fare squadra esattamente come fanno loro, gli uomini ne hanno implicitamente riconosciuta la forza. E le donne forti, il sistema maschilista, non è che le ami molto.
Ogni donna ha la necessità di un riferimento maschile e viceversa, però le donne riescono a crescere e a prendere decisioni importanti solo quando si rapportano con le loro simili. Perché, in fondo, chi è che ti capisce meglio di un’altra donna?
Quelle tra le colleghe le definirei delle buone conoscenze.
Le mie amiche, che sono amiche-sorelle, e sono molto importanti per me.
Le quattro amiche di questi ultimi due libri appartengono a una generazione molto recente che per fortuna ha realizzato conquiste, autonomie, che ha preso coscienza di sé e consapevolezze molto più profonde di quanto non accadesse alle donne della mia generazione. Sono donne giovani e io, il loro mondo, un po’ lo conosco perché amo stare con i giovani, perché sono curiosa, mi piace osservare il loro modo di vivere, di pensare, di proporsi, di affrontare la vita. Il Sessantotto, qualche risultato in questo senso l’ha prodotto. Ho molta ammirazione per le ragazze di oggi.
È stata una vita molto complessa, perché al tempo alle donne era consentito tenere le rubriche sui consigli del medico, o quelle di ‘Donna Letizia’, o al massimo veniva chiesto loro di occuparsi delle pagine della moda e della bellezza, e io invece facevo altro. Il mio modo di fare giornalismo era considerato l’invasione di un territorio sino ad allora appannaggio dei giornalisti uomini, quindi non è che abbia ricevuto molto aiuto in questo senso da parte dei colleghi.
Com’è andata, è andata che ho sparato una bufala, perché per avere il pezzo in prima pagina sulla Notte ho dovuto ricorrere a una bufala. È vero che con uno stratagemma sono riuscita ad entrare nell’appartamento dei Beatles, ma è altrettanto vero che quelli mi hanno cacciata malamente.
Tantissimo, perché mi ha permesso di entrare fin dentro le case dei ricchi, di raccontarne le abitudini, di osservarne la vita, e da questo ho anche imparato a non invidiarli, sotto nessun aspetto.
Sì, scrivo ancora lì. E no, non riuscirei a farlo altrove. Ho provato in passato a cercare un posto alternativo, ma proprio non ce la faccio. Lì ho il mio studio, e lì ho anche la mia Valentina.
Lo so, ci ho provato e sono un disastro. Malgrado i tentativi, con il computer non riesco ad entrare in sintonia. Sento ancora la macchina da scrivere come il prolungamento della mia mente.
Più che di bene, direi di speranza, perché quelli che viviamo non sono tempi belli, ma bui e tribolati. Dopo il benessere esploso con la ricostruzione dell’Italia che rinasceva dalle macerie, del quale la mia generazione ha potuto realmente godere, so per certo e mi preoccupa che i miei nipoti quel benessere non lo conosceranno mai.
Di donne ce ne sono tante. Se lei per fiducia intende quella dal punto di vista politico, perché è la politica che domina sovrana, o la malapolitica dovrei dire, allora se ci sono non le ho ancora individuate. Ci sono, è vero, tante donne toste. Purtroppo abbiamo sempre un presidente del Consiglio uomo, un presidente della Repubblica uomo. Il maschilismo continua a tenere bene salde le sue posizioni.