Spettacoli

'Il dolore', affinché non trionfi la dimenticanza

Al Sociale Margherita Saltamacchia, Raissa Avilés e Rocco Schira hanno portato in scena il romanzo di Marguerite Duras per la Giornata della memoria

Margherita Saltamacchia, Raissa Avilés e Rocco Schira al Teatro Sociale con 'Il dolore'
27 gennaio 2020
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Margherita Saltamacchia, regista ed attrice, affiancata dagli attori musicisti Raissa Avilés e Rocco Schira, ha portato al Teatro Sociale la tragicità che, pagina dopo pagina, Marguerite Duras ha impresso nel suo romanzo ‘Il Dolore’. Un telefono suona instancabilmente, al cui squillo la risposta non giunge perché anche l’attesa è agonia quando non ha certezze. Un paio di scarpe rosse, metonimia e simbologia della bambina dal cappotto rosso nel film Schinder’s List; il ricordo delle scarpette rosse dal racconto di Joyce Lussu; una sedia bianca, il vestito bianco che l’attrice Saltamacchia indossa, colore dell’innocenza, ritraggono la fotografia del dolore incombente che respira ad ogni battuta. L’attesa spasmodica, lenta, ossessiva, mortale, e incerta dei deportati che tornano dai campi di concentramento, in una Parigi sotto l’occupazione tedesca. La funerea odissea del rimpatrio di Robert L., marito della Duras, rinchiuso a Dachau, viene rivissuta in questa pièce teatrale con immenso rispetto, senza imporsi sull’opera della scrittrice, senza manometterne il valore originale, esibendo tuttavia una cifra stilistica personalizzata, priva di fronzoli, dal carattere deciso, che insieme al romanzo e al film di Emmanuel Finkiel, ci impediscono di dimenticare ma soprattutto ci immergono nel dolore che contiene il dolore dell’umanità. Perché le parole in questo spettacolo non si tacciono, come scrive la Duras nel suo diario, riferendosi all’orrore, ma al contrario ridanno voce e giustizia all’Olocausto, lo vivificano, affinché non trionfi la dimenticanza.
Rivivendo il dolore circoscritto a un uomo in particolare, che è espressione di un dolore collettivo, attraverso il quale lo spettatore può solo provare sgomento, riaffiorano le atrocità commesse dal nazismo, che scorrono sulla pelle dello spettatore, mentre il dolore trova il suo spazio interiore. La regia ha mantenuto intatto il senso espressivo del romanzo, sfoltendo alcune parti dell’opera, ma lasciandosi guidare dalla sua potenza descrittiva. Bastava chiudere gli occhi per immaginare le scene realmente accadute, consumatasi alla Gare D’Orly, in rue Bonaparte, o alla Place Saint Germain des Près. Luoghi attraversati dalle musiche e dal violino di Rocco Schira, dalla voce penetrante della canzone “Courage” di Raissa Avilés, e dalla forza interpretativa di Margherita Saltamacchia.

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