Stati Uniti

Trump dà fuoco alla campagna

Il capo della Casa Bianca conferma la visita, sgradita, nella città di Blake

31 agosto 2020
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Washington - Andrà a Kenosha, piaccia o non piaccia al governatore del Winsconsin. E se il sindaco di Portland ne è incapace, si incaricherà lui stesso di di 'fare pulizia' in città. Un Donald Trump incontenibile ha imboccato la strada dello scontro a oltranza: la sola, ritiene, che lo porterà alla rielezione il 3 novembre. Una foga che rischia di mettere in difficoltà l'avversario democratico Joe Biden, costretto a cercare di mantenere un difficile equilibrio tra le ragioni del movimento antirazzista, le sue intemperanze, e quelle di un elettorato moderato di cui non può fare a meno.

Nel pieno dell'allarme per la crescente violenza degli scontri tra gli estremisti di destra, suoi sostenitori, e le frange più radicali del movimento cresciuto attorno alle proteste contro la violenza della polizia, il presidente statunitense ha confermato l'indirizzo che prenderà la sua propaganda: un ’law and order’ declinato nel senso di adesione agli slogan, e alla prassi, della destra radicale. Un po' per opportunismo - consapevole dell'inquietudine generata nei ceti medi dall'episodica violenza della protesta antirazzista - un po' per genuina consonanza ideologica.

Ancora ieri, dopo aver salutato l’estremista di destra ucciso a Portland con il tweet “Riposa in pace”, Trump ha ribadito la determinazione a porre fine alle proteste nelle città americane dove i sindaci democratici non sarebbero in grado di garantire la sicurezza: “A Portland c’è il caos, ed è così da molti anni. Se questo zimbello di sindaco non farà pulizia - ha twittato il presidente - andremo lì e lo faremo noi per loro. I sindaci e i governatori della sinistra radicale - ha rincarato - guidano città in balia di una folle violenza e hanno perso il controllo del loro ’Movimento’. Gli anarchici e i sobillatori hanno preso in mano la situazione”.

Biden: presidente del caos

Trump ha quindi confermato la controversa visita nelle prossime ore a Kenosha, la città del Wisconsin dove il 29enne afroamericano Jacob Blake è stato ferito con sette colpi di pistola alla schiena esplosi da parte di un agente, rimanendo paralizzato. Il presidente sarà lì nonostante il governatore dello stato, Mandela Barnes, lo abbia invitato a non andare: “Non è quello di cui abbiamo bisogno in questo momento. La presenza del presidente rischia di alimentare le tensioni”. Tanto più che Trump a Kenosha ha in programma di incontrare solo le forze dell’ordine, e al momento in agenda non ha alcun tipo di contatto con la famiglia di Blake o con i rappresentanti della comunità afroamericana. “Non abbiamo ricevuto alcuna telefonata dalla Casa Bianca”, ha detto il legale dei familiari dell’afroamericano ferito e divenuto nuovo simbolo delle proteste contro il razzismo.

Joe Biden, che pensava di rimettersi in viaggio dopo il 7 settembre, per riprendere la campagna elettorale interrotta a causa della pandemia, ha così dovuto anticipare i tempi con una visita a sorpresa in Pennsylvania. “Trump è il presidente del caos, si sente debole e alimenta le tensioni e i disordini, per questo è impensabile che sia lui a poterli fermare”, ha denunciato. 

Fatto sta che la situazione ha richiamato in molti quella degli anni Sessanta, segnati dalle divisioni e dalle violenze con cui si cercò di soffocare la lotta per la conquista dei diritti civili da parte della popolazione afroamericana. E Trump se la ricorda bene.

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