I dibattiti

La Posta di Locarno in cantina o in soffitta?

Diego Scacchi
(Ti-Press)

Fino a qualche decennio fa, la notizia sarebbe parsa incredibile; la settimana scorsa per contro sembrava ribadire una sgradita e preoccupante realtà; tale almeno per chi ancora ritiene importante, nel nostro tessuto urbano, la presenza e il relativo significato del servizio pubblico. Ci riferiamo alla volontà, manifestata dai vertici federali della Posta, di cambiare destinazione al palazzo di Locarno, “da ufficio postale a negozio di generi alimentari e da attività scolastiche a uffici amministrativi”. Una proposta, indirizzata al Municipio di Locarno, che ha suscitato un’indignata e necessaria reazione della sezione ticinese della Federazione Architette e Architetti Svizzeri (Fas) che, con lettera agli interessati resa pubblica dalla stampa, insorge contro questo intendimento di modifica di destinazione che prescinde “dal valore culturale che l’edificio rappresenta e dagli intrinsechi obblighi che proprietario, progettista ed ente pubblico sono chiamati a ottemperare in caso di un intervento edilizio” sottolineando che il palazzo della Posta “è un edificio di riferimento” rientrando quindi nella “protezione dei beni culturali”. A questo proposito la presa di posizione della Fas richiama l’indubbia qualità architettonica dell’edificio, progettato da Livio Vacchini, uno dei più qualificati rappresentanti di quella generazione di architetti ticinesi, che si è affermata da ormai parecchi decenni non solo in Svizzera, ma ben oltre i nostri confini.
Alla luce di questi fatti, risultava ben riuscito il titolo sul Corriere del Ticino del 10 novembre “Pane e latte alla Posta, gli architetti insorgono”. Di pari contenuto e valore l’articolo apparso, lo stesso giorno, su “La Regione”.
Una scelta, quella prospettata dalla dirigenza postale, incomprensibile da un profilo culturale, come giustamente sottolineato dagli architetti. Del resto, è la salvaguardia di questo valore che aveva spinto il sottoscritto, quale sindaco di Locarno, negli anni 80 a sollecitare un intervento radicale relativo all’edificio postale di Locarno, suggerendo l’abbattimento dell’edificio costruito subito dopo la Seconda guerra, ormai inadeguato e poco significante architettonicamente, per sostituirlo con una nuova costruzione, particolarmente qualificata dal profilo estetico, architettonico e urbanistico. La sollecitazione fu prontamente accolta dagli allora dirigenti della Posta, certamente più sensibili alle esigenze culturali e al servizio pubblico di quelli attuali: in pochi anni Locarno fu dotata di un nuovo importante e ammirato edificio pubblico.
Purtroppo la soluzione ventilata dall’autorità postale in merito a Locarno va ricondotta alla nuova impostazione, decisamente privatistica e disattenta al servizio pubblico, che caratterizzò, sulla scia della concezione menostatista e neoliberista, gli ultimi decenni del secolo scorso e che è tuttora in atto. La Posta fu creata in Svizzera con la nascita dello Stato federale nel 1848, quale servizio pubblico totalmente gestito dall’autorità federale. Un servizio che ben presto fu apprezzato dagli utenti e che, per moltissimi decenni rappresentò un esempio di buon funzionamento, contribuendo alla considerazione goduta dalle autorità. Nel 1920 furono create le Ptt: una regia federale che, unitamente all’altra regia, le Ffs, continuò sulla via iniziale. Un radicale cambiamento si ebbe nel 1997, con l’approvazione di una nuova legge che sanciva criteri di liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni e delle poste. Essa fu seguita nel 2009 da una legge che trasformava l’azienda federale in società anonima; se il capitale rimaneva di proprietà della Confederazione, la gestione assumeva criteri di conduzione privatistici, con il risultato che conosciamo: abolizione e restrizione di servizi pubblici, con totale malcontento della popolazione.
Il mantenimento dell’attuale palazzo postale, e della sua importanza nel contesto cittadino, è ancor più necessario vista la futura sistemazione urbanistica del centro storico, la quale è tuttora allo studio sulla scorta di un progetto risultato vincitore di un concorso urbanistico internazionale. È ovvio che il palazzo dell’architetto Vacchini costituisce, al limite est di Piazza Grande, una fondamentale dialettica con il carattere delle costruzioni che sono sorte durante i secoli formando l’attuale spazio al centro della città. Ragione ulteriore per il suo mantenimento quale struttura pubblica.
L’articolo di Davide Martinoni apparso su questo giornale il 12 novembre ha nel frattempo proposto nuovi elementi di giudizio. Grazie a essi, la speranza che la Posta non sia relegata in una soffitta o in uno scantinato acquista maggiore attualità. Comunque dobbiamo auspicare, in attesa dei prossimi sviluppi, in particolare di una concretizzazione degli intendimenti espressi al giornalista, una resipiscenza dell’autorità postale oppure, se ciò non fosse possibile, una chiara e determinata presa d’atto, da parte delle autorità competenti, e segnatamente del Municipio di Locarno, dell’interesse pubblico a mantenere una realtà radicata e di servizio alla cittadinanza. In questo senso, è significativa e confortante l’opinione espressa dal municipale Nicola Pini, che ha riferito della netta posizione contraria della Commissione del Centro Storico. Pure assai positiva la posizione assunta dalla sezione locarnese del Partito Socialista, assai critica verso i vertici della Posta. Sperare in un mantenimento dell’attuale situazione non sembra quindi fuori luogo: in ogni caso non si può accedere a una richiesta che snaturerebbe l’assetto urbanistico della città.

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