Hockey

Ginevra, un miracolo da playoff

Igor Fedulov: ‘È stato un qualcosa di indescrivibile: quel lunedì sera, chi era in pista nella sfida contro lo Zurigo non lo scorderà mai'.

(Ti-Press/Golay)
8 marzo 2019
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È un finale tanto incredibile che bisognava davvero impegnarsi per riuscire a immaginarlo. Con il Ginevra che a cinque partite dalla fine pare più che tagliato fuori dalla corsa ai playoff. E invece, raddoppiando praticamente la sua media punti partita, portata a quota 2,4 dal 22 febbraio in poi, rientra miracolosamente in corsa giusto in tempo per l’ultimissima sfida in cartellone, contro quello Zurigo campione in carica che, neppure a farlo apposta, rimane il suo unico ostacolo sulla corsa a un posto fra le prime otto. E che letteralmente si fa travolgere. «È stato un qualcosa di indescrivibile» spiega Igor Fedulov, un tempo attaccante di Ambrì (tra il 1993 e il 1995) e Lugano (dal 1998 al 2000) e che oggi è allenatore della seconda squadra del Servette, e pure assistente degli juniores élite. «Di drammatico c’era il contesto, siccome è rarissimo che le due sole squadre ancora in corsa si affrontino all’ultima partita. Ed è stato un momento bellissimo, non solo per noi che eravamo sugli spalti, pieni all’inverosimile, ma soprattutto per i ragazzi sul ghiaccio: quel lunedì sera non lo dimenticheranno mai. Specialmente pensando agli ultimissimi istanti, in cui il tempo non passava più».

Un exploit, quello del Servette, che ha stupito tutti. «Però, e questo è poco ma sicuro, nelle ultime giornate questo gruppo è andato a cercarsela, la qualificazione».
Al termine di un mese oltretutto delicato alle Vernets, con le polemiche su McSorley, alimentate pure dalle (incaute?) parole del presidente Strawson in tivù («se facciamo i playout, spero che Chris sappia trarne le conseguenze»). «Sai – continua Fedulov, con tono conciliante –, quelle cose succedono un po’ dappertutto. Una squadra, qualsiasi essa sia, non può vincere sempre. Infatti non è possibile essere sempre al top per un’intera stagione. Senza contare, poi, che a Ginevra siamo stati confrontati con tantissimi infortuni quest’anno. Infatti abbiamo dovuto anche attingere al serbatoio degli juniores, per far quadrare i conti. Penso soprattutto ad Arnaud Riat, che ha giocato con la prima squadra l’ultima parte del campionato, segnando pure il suo primo gol (a Lugano, ndr). E chi è arrivato fin qui sano e salvo – ride –, ha messo in campo tutto ciò che poteva».

Significativo, poi, il fatto che a fare la differenza lunedì sia stato uno come Tim Bozon. «È vero: lui che ha conosciuto un autunno in salita, partendo dalla quarta linea è arrivato a decidere il destino della sua squadra. E quel gol l’ha segnato di forza, tirando fuori la rabbia che aveva in corpo per buttar dentro quel disco sulla respinta del portiere». Lacrime e sangue, ma soprattutto sudore. «Perché quella era già una partita di playoff. E i playoff sono esattamente ciò che stiamo raccontando: un mix di cose in cui conta sì la pazienza nel fare le cose, e pure la disciplina difensiva, ma in cui mettere i dischi sulla porta ed essere aggressivi sul portiere diventa ancor più importante di prima». Per giocare in quel mondo, però, serve energia. E adesso, dopo aver lottato fino alla fine, per il quarto con il Berna di risorse il Ginevra ne avrà ancora? «Direi che non è un problema, quello. Anzi, io credo che quando una squadra deve spremersi fino all’ultimo per arrivare ai playoff, poi si porta appresso tutte quelle emozioni positive che ha saputo generare». Resta il compito che ora pare improbo, siccome dall’altra parte c’è un Berna che più quadrato di così non potrebbe essere. «Certo che non è facile. Ma siccome si dice sempre che nei playoff tutto è possibile...».

C’è però anche un’altra squadra che ha dovuto sudarsela fin quasi alla fine, la qualificazione ai play­off. Ed è il Lugano di Greg Ireland. «Un campionato è sempre fatto di alti e bassi: l’importante è che al momento in cui tutto si decide, quindi da adesso in poi, il gruppo si compatti e sappia stringere i denti». E tu, di questo Lugano cosa pensi? «Che questi playoff se li è meritati, perché ha fatto un sacco di punti nelle ultime partite. E ora con lo Zugo tutto può succedere. Anche perché adesso più di tutto conta la salute: mai come adesso, è importante poter contare sulla profondità dell’effettivo, e meno infortuni hai, più chance avrai di riuscire a vincere». Tu che nel 2000 la finale di campionato con il Lugano l’avevi giocata, come hai vissuto l’eliminazione dello Zurigo lunedì? «Per ovvi motivi, quando penso a quella sfida i ricordi che emergono non sono proprio piacevoli... Diciamo quindi che ora sono contento, perché la vittoria del Ginevra l’altra sera in qualche modo ha rimesso a posto le cose», ride.

L’Ambrì, invece? «Mi ha sorpreso molto. Ed è una sorpresa positiva: non solo fa punti, ma gioca pure molto bene. E ha giocatori in grado di decidere da soli le partite: basti pensare a uno come Kubalik, che è straordinario. E oltre ad avere un buon tiro è sempre nella posizione migliore». Credi che nei playoff, dove la fisicità del gioco è destinata a crescere, quindi gli spazi si restringono, stelle come Kubalik finiscano col soffrire? «Io penso che in fin dei conti diventerà più dura per tutti. Ma con l’esperienza accumulata partita dopo partita, uno saprà adattarsi pure a quello. Senza contare, poi, che nella postseason gli special team hanno una grandissima importanza. Insomma, se il powerplay gira...». E quello dell’Ambrì è semplicemente il secondo di tutta la Lega. C.S. 

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