Bellinzonese

Sementina: la rabbia dei figli e le risposte del direttore

Decessi Covid-19, i familiari di quattro ospiti morti nella casa di riposo e un dipendente muovono critiche alla Direzione. Che dà delle risposte

La casa anziani di Sementina
28 aprile 2020
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Tristezza per la perdita subita, rabbia per come ritengono che i loro cari siano stati gestiti. Quattro familiari di ospiti della casa di riposo di Sementina deceduti per Covid19, nonché un operatore sanitario che vi lavora, dopo i nostri articoli del 21 e 22 aprile - incentrati sul fatto che nell’istituto vi sono stati 19 decessi, al contrario delle altre due strutture di proprietà della Città di Bellinzona dove il totale è zero - si sono rivolti al nostro giornale per raccontare la loro esperienza. Situazioni e opinioni che abbiamo sottoposto a Silvano Morisoli, direttore degli Istituti comunali per anziani, affiancato dalla direttrice sanitaria della struttura di Sementina e del centro Somen. Con una premessa da parte loro, ossia la difficoltà di chiarire determinati punti non potendo noi fornire le generalità dei nostri interlocutori. Ai quali, per comprensibili motivi, abbiamo garantito l’anonimato. Mentre qualcuno, fra di essi, sta meditando di inviare un esposto al medico cantonale. Il quale ha nel frattempo sottoposto la casa di riposo di Sementina a un regime di vigilanza. Le cifre d'altronde parlano da sole: oltre ai 19 decessi certificati Covid, nell'ultimo mese e mezzo ne figurano 8 per cause diverse, cifra questa superiore alla media. In soldoni il 46% degli ospiti è stato contagiato (18 sarebbero attualmente stazionari o in fase di guarigione) e il 24% è deceduto. Contagiati pure diversi dipendenti.  

Chi ci ha contattato sostiene che sarebbero stati accolti nuovi ospiti nonostante vi fosse il divieto cantonale per tutte le case anziani di procedere con ammissioni. È così?

“Le autorità preposte non hanno deciso il blocco delle nuove ammissioni”, esordisce Silvano Morisoli: “A ogni modo qui a Sementina è stata accolta, dal 10 marzo, unicamente una paziente Covid in fase di guarigione (trascorsi 14 giorni), proveniente dal Centro Somen e collocata nel nostro reparto Covid, come da disposizioni cantonali”.

Familiari che stavano portando l'ultimo saluto a un parente poi deceduto di lì a poco, hanno visto una paziente affetta da Alzheimer, nel frattempo pure morta per Covid, uscire dalla propria camera e, senza alcuna protezione, frugare nel bidone dei rifiuti nel quale gli infermieri riponevano guanti, mascherine e grembiuli usati visitando pazienti Covid.

“Questa informazione non ci è stata data”, dichiara Morisoli: “A ogni modo non è sempre facile avere sotto costante controllo pazienti con Alzheimer. Se quanto riferito fosse vero, dispiace che la persona oggi segnalante non si sia rivolta subito ai responsabili per rimediare alla situazione”. Chi ha assistito alla scena, ha tuttavia riferito alla 'Regione' di aver subito sollecitato il personale presente al piano, che è intervenuto.

Altro punto critico, la gestione degli asintomatici, quindi potenzialmente contagiosi e che in base a una statistica zurighese effettuata su 4 case di riposo rappresentano un quinto del totale degli ospiti: ebbene, risulta che a Sementina fino al 24 marzo gli ospiti asintomatici autonomi pranzavano e cenavano tutti insieme nel salone principale, i meno autonomi nella saletta al piano, anziché ciascuno nella propria camera come altre strutture per anziani ticinesi hanno fatto. Sono infine stati isolati solo a tampone positivo (taluni sono nel frattempo deceduti), mentre gli altri asintomatici (come detto, potenzialmente contagiosi) hanno continuato a girare al piano, svolgere attività socializzanti e scendere al pianterreno.

“Le direttive cantonali in merito alla refezione degli anziani - risponde il direttore - indicano la distanza sociale, la corretta igienizzazione delle superfici, il coretto lavaggio delle stoviglie. Dopo che sono emersi i primi casi Covid, e che sono stati isolati secondo le direttive cantonali, ci siamo adoperati per garantire la consumazione dei pasti all’interno dei singoli reparti e nelle camere”.

Tuttavia - rivelano alcune testimonianze da noi raccolte - soltanto durante il weekend del 18-19 aprile, quando è intervenuto il medico cantonale, si è provveduto a fare il tampone a tutto il personale, ciò che ha evidenziato la presenza di diversi positivi asintomatici. I quali nelle giornate precedenti hanno quindi potenzialmente trasmesso il virus. Personale che a più riprese aveva inutilmente sollecitato la Direzione a effettuare, con regolare frequenza, i tamponi a tappeto. Altre case per anziani lo hanno fatto, perché voi no?

“Non ci sono raccomandazioni per effettuare il test su persone asintomatiche”, replica il direttore: “Sono stati tamponati, anche a più riprese, residenti oligo-sintomatici o sintomatici. Mentre i collaboratori sintomatici che necessitavano di una presa a carico, venivano prontamente invitati a contattare il medico del personale che ne eseguiva il controllo e l’eventuale tampone, con la conseguente presa a carico in base ai risultati ottenuti, in collaborazione col medico di famiglia”.

Scarsità di operatori: nonostante le molte assenze (confermate che il 50% è stato contagiato?), la Direzione non ha ritenuto opportuno far capo a personale esterno (altri operatori socio­ sanitari, Pci, esercito, ecc.). Come mai?

“Non siamo autorizzati a rilasciare informazioni sul numero di collaboratori contagiati”, dichiara Morisoli: “Possiamo solo dire che l’informazione di cui disponete è purtroppo, ancora una volta, errata. Il numero di collaboratori contagiati è sensibilmente inferiore. L’apertura di un reparto dedicato ai residenti Covid ha imposto la revisione della turnistica con conseguente allungamento dell’orario giornaliero lavorativo ma mantenendo i corrispettivi giorni di riposo come da regolamentazione in uso. Ciò ha comunque permesso che a tutti gli ospiti fosse garantita un’adeguata presa a carico anche in situazioni di criticità e al personale di usufruire del riposo”.

Ancora sugli ospiti asintomatici risultati positivi e nel frattempo deceduti: da testimonianze risulta che scendessero al pianterreno per socializzare. Senza mascherina. Soltanto da venerdì 17 aprile gli ospiti sono tutti confinati in camera, finalmente isolati.

“Da noi - spiega il direttore - i residenti asintomatici e non assegnati al reparto Covid non sono reclusi in camera, e potevano quindi muoversi seguendo determinate regole ed istruzioni raggiungendo il giardino esterno. Successivamente queste misure sono state ulteriormente inasprite”. In che modo, Morisoli non lo dice.

I familiari da noi sentiti insistono sull'esitenza di forti lacune informative e proattività sullo stato di salute degli ospiti Covid, mentre nella lettera del 30 marzo la Direzione scriveva che “i familiari degli ospiti contagiati sono immediatamente informati e costantemente aggiornati sull’andamento del decorso”.

“Senza, ancora una volta, disporre della concreta segnalazione è difficile rispondere a una domanda così formulata”, ribatte Morisoli: “Abbiamo riscontri molto positivi da diverse famiglie che attestano il contrario. Non possiamo escludere che magari, qua o là, qualcuno non si sia sentito sufficientemente ascoltato. Se ciò è accaduto è sicuramente da ricondurre all’enorme mole di lavoro con cui tutti noi, direzione e collaboratori, ci siamo confrontati per più giorni. Teniamo però a precisare che ogni qualvolta giungeva una richiesta di informazione è sempre stata evasa”.

Tuttavia più di una testimonianza parla chiaramente di atteggiamento della direttrice sanitaria e del direttore amministrativo scostante nei confronti dei familiari preoccupati che sollecitavano chiarimenti al telefono.

“Senza una precisazione non è possibile una presa di posizione. Ci fosse chiarito di cosa esattamente si tratta potremmo dire qualcosa. In ogni caso a noi pare di aver sempre risposto adeguatamente e con modalità comunicative corrette alle differenti richieste. La presa a carico delle situazioni complesse è stata gestita sempre in modo coordinato e multidisciplinare, in collaborazione con i medici di famiglia e in alcune situazioni con i medici responsabili ospedalieri e col supporto medico-etico di Roberto Malacrida”.

Ma l’impressione che taluni familiari hanno avuto, è che le cure prestate ai loro genitori non siano state sufficienti né adeguate. Viene ad esempio lamentata l’assenza di flebo e quant’altro, viste per contro in pazienti ricoverati alla Carità.

“Non risulta quanto sotteso nella domanda, ovvero, tra l’altro, l’assenza di flebo: se questo fosse accaduto sarebbe stato utile che ci fosse segnalato subito”. Chi ci ha segnalato questo punto alla 'Regione', afferma di averne parlato con l’infermiera di turno, senza tuttavia che questo cambiasse qualcosa. Il direttore per contro assicura: “La nostra struttura e i collaboratori hanno prestato tutte le cure necessarie per garantire un’adeguata presa a carico. Questo particolare periodo storico di pandemia ha stravolto il normale accompagnamento della persona, negando la vicinanza dei propri cari e i normali e riconosciuti rituali durante l’ultimo accompagnamento”.

L'Mps al Governo: tanti punti da chiarire

Venti domande al Consiglio di Stati per capire cosa non abbia funzionato. Le pone il Movimento per il socialismo, convinto che a Sementina l'applicazione delle direttive cantonali per le case di riposo sia stata lacunosa e che, d'altronde, inadeguate e intempestive siano state le stesse direttive emanate dal medico cantonale. Fra i molti punti critici sollevati vi sono ad esempio: le visite dei familiari, che secondo l'Mps sarebbero proseguite fino al 17 marzo, una settimana dopo lo stop imposto dal Cantone; i tamponi eseguiti su tutto il personale solo dal 18 aprile, quando ormai i deceduti erano già parecchi; il riutilizzo di materiale monouso. In definitiva si chiede una valutazione sull'operato della direzione medica e amministrativa della struttura.

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