Ticino

Covid, presentato pacchetto di sostegno alle strutture sanitarie

Il CdS vuole potenziare il dispositivo ospedaliero per il ricovero di pazienti con coronavirus. De Rosa: ‘Ancora troppe persone a rischio non vaccinate’

(Ti–Press)

«Ci sono 13mila persone over 65 non vaccinate e altrettante tra i 55 e i 65 anni. Persone che hanno dunque potenzialmente un di rischio elevato di essere ricoverate in ospedale nel caso dovessero contrarre il virus», ha affermato questa mattina il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli in conferenza stampa. L’incontro è stato indetto dal CdS per presentare l’approvazione del messaggio "per il mantenimento in prontezza di un dispositivo ospedaliero potenziato per il ricovero di pazienti Covid fino all’estate 2022". Sono inoltre stati stanziati "i crediti necessari a coprire i costi supplementari sostenuti dalle strutture sanitarie nel corso del 2020 a seguito della pandemia". Per quanto concerne il riconoscimento parziale dei mancati introiti da parte dell strutture sanitarie il direttore della Divisione della salute pubblica Paolo Bianchi ha spiegato: «Mancando una base legale, la decisione sarà eventualmente del Parlamento. Il Cantone garantisce comunque una certa sicurezza agli Istituti – ha ricordato –, però vi sono i mancati introiti legati alla parte degli assicuratori malattia, o il mancato pagamento degli introiti per quanto riguarda l’attività ambulatoriale. Le discussioni federali non sono formalmente chiuse, ma non vi sono molte speranze in questo senso. L’idea del Governo è di lavorare su scenari che prendano in carico almeno parte di queste spese».

«Da luglio i contagi sono tornati a salire a causa della variante Delta e prevediamo un aumento nei mesi invernali», ha detto Bertoli. Questo nonostante sia difficile fare delle previsioni per il futuro: «Ci sono aspetti positivi e negativi. I primi sono legati all’efficacia della vaccinazione, i secondi alle varianti più contagiose». Il presidente del Consiglio di Stato ha ricordato che la vaccinazione è la via maestra per poter uscire dalla pandemia. A fargli eco il direttore del Dipartimento sanità e socialità (Dss) Raffaele De Rosa: «La variante Delta rappresenta oltre il 90 per cento dei casi e con essa il rischio di ospedalizzazione è doppio. Il vaccino è dunque determinante perché riduce almeno del 90 per cento il rischio di un decorso grave della malattia». Per questo motivo il Dss proporrà una campagna di sensibilizzazione diretta principalmente verso i gruppi a rischio: «I tassi di adesione sono buoni, ma non sufficienti», ha affermato De Rosa.

«A causa del rischio di dover ricoverare nuovamente malati gravi, il Governo ha proceduto a stimare un fabbisogno di letti di cure intense», ha spiegato il direttore del Dss. I 3,5 milioni di franchi espressi nel messaggio «servono a coprire i costi di circa 10 medici e 40 operatori del personale infermieristico che saranno impiegati almeno fino alla prossima estate». Il costo della misura si basa sulla seguente stima: fino a 170 pazienti Covid nello stesso momento, di cui fino a 25 letti di cure intense.

Per quanto riguarda la gestione della pandemia il CdS ha deciso di stanziare circa 20 milioni di franchi: «Con questo pacchetto a supporto dell’attività ospedaliera daremo un contributo tangibile – ha continuato De Rosa –. In un contesto d’incertezza, il CdS intende dare una risposta garantendo letti e personale e rafforzandoli del 25%. Si ritiene importante valorizzare le competenze e soprattutto garantire la gestione della pandemia senza togliere forze altrove».

«Le cure intense sono il limite principale nella possibilità di prendere a carico un numero elevato di pazienti. Lo abbiamo visto nella prima e nella seconda ondata. Sono postazioni complesse a livello di logistica, di struttura e anche di ricerca di personale adeguato», ha ricordato Bianchi. «I limiti strutturali e di materiale sono stati risolti con l’acquisto di ventilatori e apparecchiature specialistiche necessarie. Il limite principale resta quello delle competenze umane. A livello infermieristico servono 2,6 unità per posto letto. Di queste il 30 per cento deve essere infermiere specializzato, ciò impone una formazione adeguata e un’esperienza consolidata». Riguardo agli sforzi del personale sanitario nei mesi scorsi il direttore della Divisione della salute pubblica si è espresso così: «Non sono replicabili e nemmeno giustificabili laddove il sistema ospedaliero è stato ridefinito. Ora possiamo prevedere un aumento delle ospedalizzazioni e quindi non è più accettabile non avere una programmazione».

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