I dibattiti

Lugano, ‘non ce la fa’

L’interrogativo, posto due anni fa (!?) su queste colonne, è più aperto che mai

Un esterno di Palazzo civico
(Ti-Press)
15 ottobre 2021
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Brignoni confinato. La magnifica collezione Brignoni di arte etnica è sparita. Si è volatilizzata durante il trasloco da Villa Heleneum, a Castagnola, a Villa Malpensata, in Riva Caccia. La nuova sede dedica tre o quattro piani a esposizioni temporanee. Una scelta ridondante perché, nel raggio di cento metri, ci sono tre offerte rilevanti: il Lac, con tre esposizioni, la Collezione Olgiati e la Fondazione Braglia. Così i preziosi e originali contenuti del Museo delle Culture sono confinati in una saletta con una manciata di opere dell’arte primitiva dell’Estremo Oriente, India, Sud-est asiatico, Indonesia e Oceania, raccolte in una vita dall’artista e collezionista Serge Brignoni. Dov’è finita la collezione? Vendute le opere minori e prestate le maggiori, come si propose qualche anno fa? Ammucchiate in qualche capannone? Qualcuno gioirà, come chi diceva, anni fa, che si trattava di un museo di vecchie carabattole. Poco prima di morire, nel 2014, la signora Brignoni lanciava l’allarme, inutilmente: “Già oggi non sono in regola perché l’atto di cessione prevedeva che tutti i pezzi venissero esposti”. La collezione più singolare di Lugano è nascosta, mentre potrebbe dar vita a un piccolo Musée du quai Branly sul Ceresio.

Campo Marzio fatiscente. Polo turistico e congressuale. Si ricomincia da zero. Doveva essere pronto nel 2014. Dopo una decina di anni, il Municipio ha deciso che non è possibile aggiudicare il lavoro ai due progettisti rimasti in gara, perché “nessuna delle proposte inoltrate rispetta le condizioni del bando di concorso”. Un bando nato morto, secondo l’architetto Mario Botta: “Il Municipio voleva fare tutto a costo zero senza dare una sufficiente possibilità di costruire. Con questa contraddizione di fondo, il concorso era destinato a finire in questo modo”.

Villaggi traditi. Carona ha da decenni una magnifica piscina, costruita negli anni Sessanta dall’industriale Giussani. Il piccolo Comune l’ha sempre mantenuta come un gioiello a disposizione dei cittadini, un bene comune. Grazie all’aggregazione con la Città si poteva immaginare che la piscina potesse essere valorizzata come servizio pubblico e messa a disposizione di tutta la cittadinanza, sviluppando bar, ristorante, attrazioni per grandi e piccoli e, non da ultimo, il trasporto pubblico. No, niente di tutto questo. Il Municipio propone una parziale privatizzazione, dando al Touring Club Svizzero la possibilità di costruire un campeggio di lusso, nella parte più pregiata del parco. Piccolo dettaglio, la Città investirebbe 6 milioni di franchi per opere di risanamento, il Tcs solo uno, ma avrebbe l’usufrutto per 40 anni. L’economista Sergio Rossi ha stigmatizzato l’operazione: “Si privatizzano gli utili e si socializzano le perdite”.

Bike Park a Brè. In piazza Riforma devono aver pensato che ci vuole simmetria nel maltrattare i quartieri. Se a Carona si pensa di liquidare la piscina, al monte di fronte, nel villaggio di Brè, si appioppa un bike park. Un progetto insensato in un luogo dove si può andare liberamente in bici per i boschi. E un ulteriore affronto alla cittadinanza, che ha inoltrato firme di protesta ma senza essere degnata di risposta. Intanto Brè è sempre in attesa del nuovo Piano regolatore della città, ora in esame a Bellinzona, dopo un’annosa consultazione che si è rivelata una foglia di fico.

Ritardi atavici. Rispunta l’idea di dare un volto umano al lungolago e alle piazze del centro. Riforma, Rezzonico e Manzoni potrebbero venir ridisegnate secondo un vecchio progetto, risalente agli inizi del Duemila, degli architetti Buletti e soci. Zona pedonale privilegiata, senza traffico e senza posteggi in tutta l’area. Rimasto nei cassetti fino al 2013, quando l’architetto ha rispolverato l’opera. Ma poi, afferma, “non si è sentito più niente”. Ora sarà la volta buona?

Municipio sotto inchiesta. È stato un macello, non c’è che dire. Di fronte a una manifestazione pacifica dei giovani autogestiti del Molino, la Città ha usato le maniere forti. Abbatte lo stabile del vecchio Macello che ospitava il Centro sociale con un intervento illegale e violento. Così la massima autorità cittadina, che critica i giovani perché imbrattano due muri, finisce sotto inchiesta. Si attende il responso della magistratura. Una constatazione fa l’unanimità: Lugano non è una città per giovani.

Addio Lugano brutta. Il tasso di abitazioni vuote è in crescita in Ticino, complessivamente sono più di 7mila. Chiasso e Lugano sono in testa alla classifica. A Lugano il tasso di sfitto è del 3,81%, con 1’555 abitazioni vuote, il 22% in più rispetto a un anno fa. A gennaio c’erano 40mila m2 di uffici vuoti in città. E, parallelamente, la popolazione diminuisce, negli ultimi cinque anni 3% di abitanti in meno.
Pietra tombale.

Sul Polo sportivo e degli eventi (Pse) si voterà a fine novembre. È una proposta che spacca la città. Un mucchio di milioni di franchi (più di 300) offerti ai privati per una realizzazione necessaria, gli spazi sportivi, ma circondata da palazzoni e torri speculative. A Cornaredo piove negli spogliatoi e ci sono i topi con tanto di trappole, dice il responsabile dello stadio. Non si può continuare a giocare in una palestra di una scuola privata, dicono i cestisti, ospitati da anni, Deo gratias, all’Istituto Elvetico. Ma dov’erano lor signori in questi ultimi 30 anni? Il Corriere del Ticino, voce amica e vicina al Municipio luganese, ha sentenziato: “Un no popolare al Pse sarebbe la pietra tombale di questa legislatura”. Concordiamo, ma un sì nasconde altrettante insidie. Vuol dire promuovere un progetto insostenibile sperperando i soldi dei cittadini: sicuro aumento delle imposte per i luganesi, svuotamento degli uffici del centro, costruzione di palazzi inutili e speculativi, penalizzazione della Cassa pensioni della Città, con la polizia che svuota i suoi spazi, confinamento al Maglio (la zona del penitenziario) per i giovani, pesante impatto sulla viabilità nella zona. Si possono invece realizzare solo gli impianti sportivi. Costruire subito lo stadio e il palazzetto con finanziamenti alternativi, se i promotori attuali si ritirano, sistemando Cornaredo senza snaturare il quartiere.

Non mancano i convegni sul futuro della città: si cerca di definire una “mission”, fantasticando e favoleggiando senza prendere atto dei limiti della politica. Quindi, per ora, mission impossible! Insomma, Lugano non ce la fa, non riesce a invertire il declino, che dura ormai da anni. L’interrogativo, posto due anni fa (!?) su queste colonne, è più aperto che mai: Lugano è una città decadente che ha perso l’anima?

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